Mille campi da calcio, oppure 2500 da tennis, queste le dimensioni della tenuta de “ Il Ciocco “, un vero e proprio Paradiso per le E-Bike
Raccontare una realtà così grande e speciale come quella de Il Ciocco è tutt’altro che facile, cosa che abbiamo fatto saltando in sella e andando a sperimentare di persona. Occorre anzitutto arrivare alla valle del Serchio, stretta fra l’Appennino Emiliano a nord-est e le Alpi Apuane a ovest. Chi proviene da nord percorrerà lo splendido Passo delle Radici, chi arriva da sud non potrà esimersi da dedicare una bella visita alla splendida Lucca e una sosta al famoso “Ponte del Diavolo”. Dalla strada di fondovalle si seguono le indicazioni per Castelvecchio Pascoli, e proprio a fianco della villa in cui riposano le spoglie del grande poeta, comincia ad arrampicarsi la strada de “Il Ciocco”, che dai 400 metri di altitudine di questo ingresso sale fino ai 1273 della cima del Monte Uccelliera.
La vasta tenuta privata, di proprietà della famiglia Marcucci, è composta da una area naturalistica appunto di 600 ettari, e al suo interno si trovano cinque diverse tipologie di strutture turistiche, per tutti i gusti e budget, quattro ristoranti, e – quello che ci farà sgranare definitivamente gli occhi – un villaggio sportivo con la “Pump Track” coperta più estesa d’Italia, una struttura modulare in vetroresina costituita da dossi e paraboliche che possono essere variamente combinati per ricostruire le più svariate e acrobatiche traiettorie e condizioni di guida.
Che il contesto sia ideale per la pratica della nostra adorata passione lo dimostra il fatto che proprio qui si svolse nel 1991 la prima gara europea di Coppa del Mondo di mountain-bike, e che tuttora è sede di numerose importanti gare e manifestazioni di bici off-road. Ma il talento sportivo de il Ciocco va ben oltre le due ruote a pedali: in oltre mezzo secolo di vita ha visto passare di qui il ritiro di squadre di calcio delle massime divisioni, indimenticabili rally, l’ “Hell’s Gate” di motocross e, passando a discipline meno scatenate, nel 1971 il Campionato Mondiale di Scacchi, vinto da “Tigran di ferro” contro un altro titanico maestro della scuola russa, Korcnoj. E per chiudere in bellezza questa carrellata introduttiva, chi sapeva che proprio a Il Ciocco nel 1984 nasce VideoMusic, la prima televisione musicale europea?!
OK, ora però torniamo on the road, e cominciamo a esplorare questa montagna, anzi, questa “Living Mountain” come la chiamano affettuosamente i suoi gestori. La tenuta de Il Ciocco è attraversata da una rete di oltre 42 chilometri di strade, in parte asfaltate e in parte sterrate, ed è solcata da numerosissimi sentieri nel bosco, in gran parte ciclabili, quindi non c’è che l’imbarazzo della scelta, dagli itinerari per famiglie a quelli per i funanboli del down-hill. Ovunque e comunque si pedali si è sempre immersi in una natura rigogliosissima di boschi profumati da ogni sorta di essenza ed erba officinale, tutte delizie che poi ci troveremo nel piatto alla prima meritata sosta. Inoltre presso la struttura è possibile noleggiare delle E-Bike a scelta fra una ampia gamma, e prenotare una cicloguida specializzata piuttosto che un istruttore con cui allenarsi sulla “Pump Track”.
Parcheggiata la bici, il territorio offre notevoli spunti di interesse culturali: anzitutto la già citata villa che appunto il poeta Giovanni Pascoli elesse a suo “buen retiro” e domicilio del cuore, diventando di casa fra queste montagne e questo popolo di cui arrivò a conoscere ogni segreto, e in cui scrisse le sue opere migliori, fra cui appunto i “Canti di Castelvecchio”, e in particolare quella poesia – Il Il Ciocco – da cui prende il nome la nostra odierna avventura. Alla morte del poeta, la casa fu custodita gelosamente dalla sorella che non volle mai fosse apportata la minima modifica, e che la lasciò in testamento al Comune con la precisa destinazione a Museo e con vincoli rigorosissimi, Ciò consente tutt’ora di toccare con mano la realtà di una elegante villa signorile di un secolo addietro, senza acqua corrente né elettricità, con ancora i tegami e i piatti dell’epoca in cucina e gli appunti letterari sparsi sulla scrivania nello studio.
E poi la sorpresa di Barga! Vabbè che è riconosciuta tra i “borghi più belli d’Italia”, nonché come bandiera arancione del Touring Club Italiano e Cittaslow – marchi di qualità turistica di prestigio – ma tu la vedi sulla cartina arrampicata in cima ai monti e mai ti aspetteresti che nella ragnatela di strade rimaste pressoché immutate dal tempo dei Comuni e mai ti aspetteresti che vi possa scorrere tanta vita! Un gran numero di raffinati locali, locande wine-bar osterie ristoranti, deliziosi negozi di artigianato artistico, artisti che suonano qui e là sulle scalinate, tantissime persone a spasso fra vicoli e carraie, per una buona metà stranieri, un po’ per effetto del turismo un po’ per la emigrazione di ritorno. Il borgo antico è dominato – non solo fisicamente – dal Duomo, uno dei massimi esempi di architettura romanica di tutta la Toscana. Dedicato al Patrono di Barga – S. Cristoforo – rappresentato da una statua di legno policromo che campeggia dietro l’altare maggiore, è stato costruito a più riprese fino al secolo XVI sulle fondamenta di una vecchia chiesa dell’anno mille. Oggi impressiona con i suoi volumi imponenti ma tutt’altro che sgraziati, e la facciata principale in blocchi di alberese – una chiara pietra locale che a ogni ora cambia tonalità e sfumature a seconda della luce e del meteo – interrotta solo dalla porta di ingresso ornata da due esili colonne alla cui sommità si trova un leone aggettante e da un arco decorato con foglie di acanto stilizzate.
Un capitolo a parte lo merita la gastronomia di questo territorio: quelle stesse montagne che fino al dopoguerra sono state così avare di benessere, costringendo i propri abitanti a una diaspora in tutto il mondo (la provincia di Lucca è stata fra le principali terre di emigrazione, alla pari della Sicilia e del Veneto) da cui tornano ad ogni occasione a casa, sono oggi uno scrigno di favolose ghiottonerie a base di funghi, castagne, miele e cereali. Molteplici i presidi Slow Food, a partire dal prosciutto di Bazzone, ricavato da un maiale che vive in uno stato semi-brado cibandosi di farro, castagne e ghiande: la forma particolarmente allungata, e l’aroma di muschio e castagne lo rendono inconfondibile e squisito. A seguire nel piatto arriva il Biroldo, un sanguinaccio prodotto con la sola testa del maiale – più magra e morbida – che dopo una lunga lessatura viene amalgamata con lardo, cannella, noce moscata, coriandolo e fiori di garofano, fino a formare una sorta di pagnotta dal colore marrone scuro e dal profumo e gusto intensissimo. Tanto companatico non si può non accompagnare con il pane della Garfagnana, detto appunto il “garfagnino” a base di patata, e con una fumante zuppa di farro, altro cereale tipico della zona.
INFO: www.ciocco.it